Torture, sangue, menti malate..
Una Trieste spinta dall'odio, dalla vendetta, dalla gelosia..
Una città sul baratro della follia.............
Una Trieste insanguinata..e sanguinaria
1664
Nicolo Marenzi, già assassino del dott. Urbani giudice in carica, uccide sulla pubblica via il nobile Francesco Piccardi, perchè cantava con altri, poi ripara nella casa del mudaro imperiale
1908
Un pescatore, certo Vittorio Lacovich, passeggiava lungo la riva del Mandracchio e scrutava le acque in cerca di seppie. Arrivato all’angolo della radice del molo San Carlo, sul fondo limpido scorse un grosso involto bianco.
![]() |
| Födran de Födransperg |
“L’ha perso sicuramente qualche “iùza” stamattina” pensò e, a fatica, lo arpionò con la fiocina e lo trasse a riva. Inorridito constatò che l’involto, legato con fil di ferro e appesantito con alcune pietre, era coperto da grumi di sangue: chiamò subito una guardia.
Avvolta in un asciugamano apparve la testa di una giovane donna che fu portata alla cappella mortuaria di San Giusto (si trovava dove oggi c’è l’ingresso del Museo di Storia e Arte). Il medico legale, dottor Pietro Xydias, stabilì che si trattava di una donna dell’età di circa 30-35 anni e che la morte risaliva a non più di 36 ore. Subito furono mobilitati i palombari alla ricerca del corpo della vittima e furono avviate delle indagini nell’ambiente della prostituzione, ricerche e indagini rimaste senza esito alcuno.
Esaminando attentamente l’involto si trovò che era stato confezionato con fogli di carta d’impacco tra i quali vi era anche un foglio di carta da musica sul quale vi era una trascrizione per “zittera” (antico strumento musicale: cetra da tavolo): in fondo a tale trascrizione (il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi) figurava chiaramente una firma – Födran de Födransperg.
Scattarono immediatamente febbrili indagini della polizia per verificare se esistesse un Födransperg e fu trovato: abitante al II piano della casa al n. 272 di Roiano (il 272 era un numero politico: nel 1910, con l’abolizione dei numeri politici, la casa ebbe il n. 439 di Vicolo delle Rose (frazione Verniellis), successivamente diventato 440, ed infine 28 negli anni 30. La casa esiste tuttora.). La polizia si precipitò all’indirizzo citato: si trattava di una casetta a due piani con giardino sulla ripida salita che comincia vicino alla chiesa parrocchiale di Roiano, in via Verniello (da non confondersi con l’attuale via Verniellis, denominazione del 1949). La casa, essendo costruita su un dislivello, era a due piani e pianterreno sulla parte anteriore e ad un solo piano sulla parte posteriore, a monte, dove stava il Födransperg. 

Al pianoterra abitava il bandato Albino Göttinger che aveva il laboratorio presso la stazione del tram a Roiano.
In casa non c’era nessuno, i gendarmi si appostarono, e dopo un po’ di tempo, arrivò il Födransperg: al momento di entrare nel suo appartamento, fu arrestato. Aveva addosso 200 corone.
2002
05 marzo
Dieci Coltellate alla convivente
auto-impiccagione alla Rotonda del Boschetto..
auto-impiccagione alla Rotonda del Boschetto..
Un delitto passionale, la gelosia come movente: sembrerebbe questo lo scenario che fa da sfondo al "giallo" della morte di Barbara Zoch, una donna di 32 anni, mamma di cinque figli, uccisa ieri con una decina di coltellate in un appartamento in ristrutturazione al quattordicesimo piano di uno stabile di edilizia popolare, a Trieste.
Uno scenario, questo, che già da ieri, fra mille cautele, era stato ipotizzato dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Trieste e che oggi ha preso corpo dopo il ritrovamento del cadavere di Pierpaolo Gratton, 45 anni, convivente della donna e padre del quinto figlio della Zoch (gli altri quattro li aveva avuti dal marito). L'uomo, secondo gli accertamenti della Scientifica e degli investigatori, si è impiccato con la cinghia dei propri pantaloni al tetto di un gazebo nel parco della Rotonda del Boschetto, in una zona periferica. A ritrovarlo è stato un passante intorno alle 8 di stamattina. Prima di impiccarsi, hanno fatto sapere gli investigatori, l'uomo ha tentato anche di tagliarsi le vene.
La morte dell'uomo, secondo i primi accertamenti del medico legale Fulvio Costantinides, dovrebbe essere avvenuta all'alba o nel corso della notte. La zona ieri era stata controllata attentamente dalla polizia, senza che dell'uomo fosse trovata traccia. La polizia lo cercava dopo il ritrovamento del corpo della Zoch. Interrogato l'ex marito della donna, la polizia si era messa alla caccia del convivente. Ma l'uomo ieri non si era presentato al lavoro, in una ditta di manovalanza e facchinaggio di Trieste. Durante una perquisizione nella sua abitazione, la polizia aveva trovato e sequestrato il portafoglio con i suoi documenti, il telefono cellulare e una somma di denaro in contante. Gli agenti avevano stabilito che l'uomo non aveva fatto prelievi di denaro in banca per cui era stato subito ipotizzato che non si fosse allontanato da Trieste.
Sui pantaloni di Gratton la polizia ha trovato tracce di sangue, particolare che gli investigatori legano al delitto della donna, forse compiuto in un accesso d'ira. Secondo gli inquirenti a spingerlo a commettere l'omicidio potrebbe essere stata appunto la gelosia. Barbara Zoch aveva avuto da Gratton un bambino, che ora ha 14 mesi (altri quattro erano nati durante il precedente matrimonio) ma, negli ultimi tempi, nella sua vita - secondo le testimonianze raccolte dalla polizia fra i vicini di casa e i colleghi di lavoro - era comparso un altro uomo. I rapporti fra Gratton e Zoch, sempre secondo testimonianze raccolte, erano via via peggiorati a causa della gelosia dell'uomo. Proprio domenica mattina alcuni vicini di casa di Barbara Zoch l'avrebbero vista con un uomo, suo collega di lavoro, nella zona in cui abitava, nel rione di San Giacomo, da dove era in procinto di trasferisi per andare a vivere nell'abitazione nella quale è stato compiuto l'omicidio. Qui, ieri mattina, la donna ha trovato invece la morte: una decina di colpi sferrati con un coltellaccio da cucina, ritrovato nell'appartamento, dopo un tentativo disperato di sfuggire ai colpi dell'assassino.
2006
Una guardia giurata triestina, il quarantatreenne Maurizio Stanovich, ha ucciso ieri sera la moglie Victoria Fourmanova freddandola a Fernetti con nove colpi di pistola alla schiena e si è poi consegnato ai carabinieri.
La tragedia si è consumata attorno alle 19.40, nel parcheggio dell'autoporto, dove la donna, una trentunenne di origine russa, lavorava come segretaria in una delle numerose ditte di autotrasporto presenti nella struttura.
Secondo una prima ricostruzione effettuata dai carabinieri della Compagnia di Aurisina e del Nucleo operativo del Comando provinciale di Trieste, Maurizio Stanovich, che è originario di Capodistria e lavora come guardia giurata alla «Fincantieri» di Monfalcone, ha atteso la moglie all'uscita dal lavoro: i due, sposati da tempo, erano in crisi e stavano per separarsi.
Ora Maurizio Stanovich rischia l'incriminazione per omicidio volontario premeditato. Un reato da ergastolo, se la prima ricostruzione effettuata dai carabinieri sarà confermata dall'inchiesta. Tra l'autoporto e la caserma di Aurisina dove la guardia giurata è stata interrogata per buona parte della notte, sono intercorse decine e decine di telefonate.
Lo scopo era chiarissimo: quello di verificare quanto il marito stava raccontando agli inquirenti in caserma. Se dovesse emergere che lui l'ha attesa e senza dire nulla le ha scaricato addosso tutti i colpi dell'arma, difficilmente Maurizio Stanovich sfuggirà all'incriminazione per omicidio volontario pluriaggravato.
Al contrario se dovesse risultare che ha usato la pistola al termine di una lite se pur brevissima, il difensore potrebbe sostenere il dolo d'impeto, o come dice la gente, il raptus omicida innescato da una frase della moglie ritenuta offensiva dalla guardia giurata. Le pene sono significativamente diverse nelle due ipotesi.
Gli accertamenti dei carabinieri sull'area di Fernetti sono stati estremamente minuziosi e prolungati, proprio per fugare ogni dubbio sulla dinamica dell'omicidio. Altrettanto accurati quelli del medico legale che ha esaminato il corpo e ha scattato decine e decine di fotografie. Prima un carro dei pompieri con una fotoelettrica, poi un secondo, hanno illuminato a giorno ogni metro d'asfalto. La pioggia non ha facilitato il lavoro degli investigatori e li ha costretti a un «tour de force» per acquisire dettagli che in caso contrario avrebbero rischiato di venir cancellati.
Oggi dovranno essere sentiti tutti i testimoni oculari della tragedia. Determinanti le parole dei due militari della Guardia di Finanza in servizio nella vicina caserma che sono accorsi subito dopo aver sentito gli spari. Hanno sorvegliato Maurizio Stanovich fino all'arrivo dei carabinieri.
Importantissimi anche i ricordi dei compagni di lavoro della guardia giurata e dei suoi amici e conoscenti. Forse Maurizio Stanovich si è lasciato sfuggire qualche parola, forse si è confidato in questi giorni con qualcuno; o forse ha profferito oscure minacce. Certo è che se la tesi delle «parole in libertà» troverà conferma, la posizione dell'indagato sarà del tutto compromessa.
Sarà sentita anche la collega di lavoro di Victoria Fourmanova che ha assistito al delitto: non ha potuto far nulla per l'amica e ha temuto per la propria vita. Superato lo choc potrà riferire ai militari ogni dettaglio degli ultimi minuti di vita della ragazza russa uccisa a Fernetti.
Ultima l'autopsia. Dovrà confermare la determinazione nel dirigere i nove colpi proprio nel mezzo della schiena. I proiettili hanno perforato i polmoni e hanno anche colpito il cuore. Victoria Fourmanova, in caso contrario, non sarebbe crollata di colpo, finendo la sua vita a ridosso di uno spartitraffico di cemento.
16 gennaio
Guardia giurata fredda la moglie con 9 colpi di pistola a Fernetti
La tragedia si è consumata attorno alle 19.40, nel parcheggio dell'autoporto, dove la donna, una trentunenne di origine russa, lavorava come segretaria in una delle numerose ditte di autotrasporto presenti nella struttura.
Secondo una prima ricostruzione effettuata dai carabinieri della Compagnia di Aurisina e del Nucleo operativo del Comando provinciale di Trieste, Maurizio Stanovich, che è originario di Capodistria e lavora come guardia giurata alla «Fincantieri» di Monfalcone, ha atteso la moglie all'uscita dal lavoro: i due, sposati da tempo, erano in crisi e stavano per separarsi.
Ora Maurizio Stanovich rischia l'incriminazione per omicidio volontario premeditato. Un reato da ergastolo, se la prima ricostruzione effettuata dai carabinieri sarà confermata dall'inchiesta. Tra l'autoporto e la caserma di Aurisina dove la guardia giurata è stata interrogata per buona parte della notte, sono intercorse decine e decine di telefonate.
Lo scopo era chiarissimo: quello di verificare quanto il marito stava raccontando agli inquirenti in caserma. Se dovesse emergere che lui l'ha attesa e senza dire nulla le ha scaricato addosso tutti i colpi dell'arma, difficilmente Maurizio Stanovich sfuggirà all'incriminazione per omicidio volontario pluriaggravato.
Al contrario se dovesse risultare che ha usato la pistola al termine di una lite se pur brevissima, il difensore potrebbe sostenere il dolo d'impeto, o come dice la gente, il raptus omicida innescato da una frase della moglie ritenuta offensiva dalla guardia giurata. Le pene sono significativamente diverse nelle due ipotesi.
Gli accertamenti dei carabinieri sull'area di Fernetti sono stati estremamente minuziosi e prolungati, proprio per fugare ogni dubbio sulla dinamica dell'omicidio. Altrettanto accurati quelli del medico legale che ha esaminato il corpo e ha scattato decine e decine di fotografie. Prima un carro dei pompieri con una fotoelettrica, poi un secondo, hanno illuminato a giorno ogni metro d'asfalto. La pioggia non ha facilitato il lavoro degli investigatori e li ha costretti a un «tour de force» per acquisire dettagli che in caso contrario avrebbero rischiato di venir cancellati.
Oggi dovranno essere sentiti tutti i testimoni oculari della tragedia. Determinanti le parole dei due militari della Guardia di Finanza in servizio nella vicina caserma che sono accorsi subito dopo aver sentito gli spari. Hanno sorvegliato Maurizio Stanovich fino all'arrivo dei carabinieri.
Importantissimi anche i ricordi dei compagni di lavoro della guardia giurata e dei suoi amici e conoscenti. Forse Maurizio Stanovich si è lasciato sfuggire qualche parola, forse si è confidato in questi giorni con qualcuno; o forse ha profferito oscure minacce. Certo è che se la tesi delle «parole in libertà» troverà conferma, la posizione dell'indagato sarà del tutto compromessa.
Sarà sentita anche la collega di lavoro di Victoria Fourmanova che ha assistito al delitto: non ha potuto far nulla per l'amica e ha temuto per la propria vita. Superato lo choc potrà riferire ai militari ogni dettaglio degli ultimi minuti di vita della ragazza russa uccisa a Fernetti.
Ultima l'autopsia. Dovrà confermare la determinazione nel dirigere i nove colpi proprio nel mezzo della schiena. I proiettili hanno perforato i polmoni e hanno anche colpito il cuore. Victoria Fourmanova, in caso contrario, non sarebbe crollata di colpo, finendo la sua vita a ridosso di uno spartitraffico di cemento.
31 gennaio
Donna non vedente accoltellata in Via Pecenco
Una donna di 64 anni, non vedente, Alma Prasel Stamatis, è stata uccisa a coltellate nella sua abitazione di via Pecenco 4, una laterale di via Cologna. A trovare il cadavere è stata un’amica, avvisata dal marito della vittima che vive in Grecia. Per il medico legale Fulvio Costantinides la morte risale a venerdì scorso. L’allarme è scattato ieri alle 13. Il cadavere di Alma Prasel Stamatis è riverso sul pavimento della cucina. Tutto attorno c’è un lago di sangue ormai raggrumato. Lo trova un’anziana amica sulla cui identità la Squadra mobile mantiene un riserbo assoluto. Poche ore prima l’amica aveva ricevuto una telefonata dalla Grecia dal marito della vittima. L’uomo le aveva chiesto di andare a casa di Alma perchè non rispondeva da qualche giorno alle sue telefonate ed era preoccupato.
La donna apre la porta con le chiavi che aveva in consegna. A pochi metri vede il cadavere di Alma Prasel riverso sul pavimento della cucina. Terrorizzata, si precipita da una vicina di casa. Bussa alla prima porta che trova. È talmente spaventata che non riesce nemmeno a parlare. Balbetta che Alma è a terra, e che tutt’attorno c’è sangue. Maria Loffredo la vicina di casa, al momento non si rende conto di quello che è accaduto, pensa a un incidente e chiama il 118. L’arma si trova in un cassetto della cucina, non lontano dalla porta. L’assassino l’ha impugnata e ha colpito. Una decina di coltellate inferte con grande violenza. La lama è entrata nel torace e nel collo di Alma Prasel che, dirà poi il medico legale Fulvio Costantinides, è morta dissanguata. L’assassino l’ha colpita forse sulla porta di casa dopo averla spinta indietro. L’ha colpita di fronte dall’alto verso il basso e la donna è stramazzata sul pavimento. Alma forse l’aveva riconosciuto dalla voce. L’assassino a quel punto l’ha colpita.
E poi ha gettato a terra il coltello è stato gettato a terra e l’assassino ha chiuso la porta dietro di sè e se n’è andato. La porta dell’appartamento non è stata forzata dall’esterno. Lo hanno accertato i poliziotti della Squadra mobile, che sono giunti verso le 13. Con loro il sostituto procuratore Federico Frezza, il magistrato che coordina le indagini. Il sopralluogo nella casa di via Pecenco è durato per tutto il pomeriggio. La ricostruzione non è semplice. L’unica cosa certa è che è stata la vittima stessa ad aprire all’assassino. Perchè lo ha fatto, visto che Alma Prasel viene descritta come una donna particolarmente sospettosa e diffidente? Forse lo conosceva. O forse è stata tratta in inganno dal fatto che proprio venerdì scorso in quello stabile doveva essere effettuato un sopralluogo dell’AcegasAps. Qualche vicino aveva visto un cartello sul portone del condominio e glielo aveva riferito. Sentendo qualcuno alla porta, Alma Prasel potrebbe aver dato per scontato che si trattasse del tecnico.
E gli ha aperto senza problemi. La polizia scientifica ha lavorato fino a tarda sera. Gli investigatori hanno raccolto le impronte sulla porta, sulle maniglie e quelle che sono state lasciate da una scarpa sul sangue attorno al cadavere. Ma anche le impronte sul coltello. Gli inquirenti hanno anche controllato tutto l’appartamento alla ricerca di altre tracce utili. Non risulta essere stato rubato nulla. Le borsette della vittima con il portafoglio erano al loro posto nell’armadio. Poi molti investigatori sono tornati in questura. E con loro fino alle 21 negli uffici della polizia al pianterreno della Questura è rimasto anche il magistrato. Gli inquirenti hanno interrogato a lungo i vicini di casa. A tutti hanno posto la stessa domanda: «Avete visto qualcuno nella giornata dell’omicidio?». Ma senza riultato. L’inchiesta è complessa e prende in considerazione tutte le ipotesi. Nel recente passato di Alma Prasel un dato che non viene sottovalutato, aveva un’ossessione: «Mi ammazzeranno».
Due anni fa aveva denunciato per furto una ragazza che si era introdotta nell’appartamento. Alma Prasel temeva di essere uccisa. Lo diceva a tutti. Lo aveva detto ai poliziotti della Squadra volante che due anni fa avevano registrato una sua denuncia per un furto subito e ne aveva parlato anche con i volontari del Unione italiana ciechi. «La sua - racconta un vicino di casa - era quasi un’ossessione. Era sospettosa. Non avrebbe mai dato confidenzaa un estraneo». Ed è da questi presupposti che sono partite le indagini coordinate dal pm Federico Frezza. Chi ha conosciuto Alma Prasel l’ha definita come una donna solitaria,particolarmente sospettosa che in passato aveva già subito tentativi di furto. Il precedente è del 23 gennaio di due anni fa. La donna aveva denunciato di essere stata avvicinata mentre andava a fare la spesa da una ragazza «molto gentile ed educata» che si era offerta di accompagnarla a casa.
Una volta nell’appartamento, sempre secondo la denuncia presentata in questura,la giovane aveva tentato di mettere a segno un furto. La donna se n’era accorta in tempo e la ladra era fuggita. Un episodio come tanti di quelli che accadono in città. Ma che, secondo gli investigatori, indica che la vittima dell’omicidio era già stata presa di mira perchè considerata un obiettivo facile. In fin dei conti un’anziana, non vedente è quasi una garanzia di impunità per un ladro. Ma c’è un altro particolare. Dalle indagini è emersa la coincidenza del cartello dell’AcegasAps che era stato affisso sulla porta del condominio per annunciare alcuni controlli proprio nella giornata di venerdì. La pista degli investigatori è proprio quella di un falso controllore del gas. Che approfittando dell’annuncio ufficiale della società ha bussato alla porta dell’appartamento al quarto piano dove abitava Alma Prasel forse per rapinarla. Cosa è successo allora nell’appartamento prima dell’omicidio? I due hanno parlato e la donna
sospettosa si è accorta che il visitatore non era certo un controllore dell’AcegasAps? Ma, in questo caso, è ritenuto strano dagli investigatori il fatto che la donna non abbia cercato di difendersi. Nessuno infatti nella casa ha sentito urlare e la prima ricostruzione del medico legale Fulvio Costantinides avvalora proprio questa ipotesi.
Le coltellate insomma sono state vibrate all’improvviso. In maniera tanto violenta da impedire se non una piccola reazione da parte della vittima. Alma Prasel è caduta sul pavimento. Il medico legale ha accertato che è morta in pochi minuti per gli effetti di una copiosa emorragia. Un fendente l’ha raggiunta al collo, altri al torace. È probabile quindi che la lama abbia reciso importanti arterie o addirittura abbia raggiunto il cuore. Il pm Frezza ha disposto l’autopsia che dovrebbe essere effettuata nei prossimi giorni. Consentirà di accertare effettivamente il numero di colpi mortali, ma soprattutto consentirà di ricostruire la dinamica.
Le coltellate insomma sono state vibrate all’improvviso. In maniera tanto violenta da impedire se non una piccola reazione da parte della vittima. Alma Prasel è caduta sul pavimento. Il medico legale ha accertato che è morta in pochi minuti per gli effetti di una copiosa emorragia. Un fendente l’ha raggiunta al collo, altri al torace. È probabile quindi che la lama abbia reciso importanti arterie o addirittura abbia raggiunto il cuore. Il pm Frezza ha disposto l’autopsia che dovrebbe essere effettuata nei prossimi giorni. Consentirà di accertare effettivamente il numero di colpi mortali, ma soprattutto consentirà di ricostruire la dinamica.
Verrà anche analizzata la sostanza prelevata sotto le unghie. In questi casi infatti la vittima cerca di fermare l’assassino con le proprie mani. Basterebbe un filamento di lana o un po’ di liquido organico per fare qualche passo avanti.
26 maggio
Spara alla moglie in Vicolo del CastagnetoUccide la moglie con un colpo di pistola e subito chiama la polizia per confessare il delitto.
Il fatto di sangue e' avvenuto nella tarda serata di ieri alla periferia di Trieste in Vicolo del Castagneto. Ad sparare - secondo le prime indagini - e' stata la guardia giurata Cristian Bovi, di 37 anni, italiano di origine argentina, che durante un litigio ha sparato un colpo di pistola alla moglie, Marianna Buchhammer, di 38 anni e subito dopo ha chiamato il 113. La polizia ha quindi trattenuto l'uomo al telefono per permettere a una pattuglia di Carabinieri che si trovava in zona, di raggiungere l'abitazione dove e' avvenuto il delitto.
![]() |
| La Vittima Marianna Buchhammer |
![]() |
| L' Assassino Cristian Bovi |
«Ho sparato a mia moglie - ha detto - in un momento di rabbia, la nostra storia era finita da tempo, ma lei non lo accettava. La mia pistola era appoggiata sul mobile. In quel momento mi stavo vestendo per andare al lavoro. Non mi sono reso conto di quello che ho fatto. Ho premuto il grilletto e ho visto Marianna cadere all’indietro e solo in quell’istante ho capito di averla uccisa. Non ne potevo più...».
Si chiama Anica Diordjevic, l'amante di Christian Bovi, abita nel rione di San Giacomo ed è nata 43 anni fa in Bosnia Erzegovina. Nella sua casa di via San Marco, Bovi aveva deciso di andare a vivere definitivamente dopo la separazione dalla moglie Marianna Buchhammer, 38 anni. Marianna avrebbe dovuto firmare alcune carte riguardanti la separazione nella giornata di martedì.
Poi c’è stata la violenta lite e alle 21 la guardia giurata al culmine di una crisi di nervi, pochi minuti prima di andare al lavoro, ha impugnato la pistola d’ordinanza e ha fatto fuoco ammazzando la moglie.
![]() |
| L'Amante Anica Diordjevic |
Il gip Massimo Tomassini lo ha ascoltato attentamente. Ha preso appunti evidenziando gli elementi più rilevanti. Poi attorno alle 10 è uscito dall’aula per ritirarsi in camera di consiglio. Mezz’ora dopo è rientrato e ha letto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti della guardia giurata. L’accusa è omicidio volontario della moglie Marianna Buchhammer. Tutto in sei pagine scritte al computer di analisi ragionata di una storia di disagio familiare esplosa nell’omicidio. Quell’atto sarà trasmesso al pm Giorgio Milillo che ieri non era presente in aula. Aveva già interrogato la guardia giurata nella notte tra martedì e mercoledì in una saletta della caserma dei carabinieri di via Dell’Istria. E anche in quell’occasione la guardia giurata che aveva sparato poche ore prima alla moglie, aveva raccontato tutta la sua disperazione.
In aula Cristian Bovi in piedi dietro la sbarra e con lo sguardo spento nel vuoto ha ascoltato le parole del giudice. Poi alla fine, una volta chiusa l’udienza, ha allungato le braccia verso gli agenti della polizia penitenziaria che lo avevano accompagnato alle 8 per farsi mettere le manette ai polsi. Quando è stata aperta la porta ha tenuto gli occhi bassi evitando lo sguardo della gente. Il piccolo gruppo è uscito fuori dall’aula e ha percorso il corridoio fino alla scalinata che porta al piano terra del palazzo di giustizia. Con Cristian Bovi c’era il suo legale, l’avvocato William Crivellari. Interpellato. non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.


2007
21 giugno
26 enne scaricata già morta sulla strada da Opicina a Fernetti
È stata uccisa Anna Stanosz, la giovane polacca di 26 anni, trovata cadavere il 21 giugno nella boscaglia che circonda la strada che da Opicina porta a Fernetti.
A causa di un' avanzata decomposizione del corpo, è stata necessaria una ricostruzione al computer del volto. Anna viene identificata al 95 per cento. Per la conferma finale della prova dell'identità, viene effettuato il test del DNA, ma la famiglia non ha avuto il minimo dubbio.
![]() |
| Anna Stanosz |
«È stata sicuramente assassinata» dicono gli inquirenti, ma nessuno è in grado di dire in quale modo. Né l’autopsia, né le complesse analisi di laboratorio effettuate dal medico legale Fulvio Costantinides, sono riuscite infatti a svelare il mistero.
I resti di Anna Stanosz, chiusi in un sacco-salma impermeabile, sono stati fatti passare più volte nel «tunnel» della macchina della Tomografia assiale computerizzata. Era stato scelto un orario che non interferisse con i normali ritmi di lavoro dei radiologi degli ospedali: le 3 di notte. Poi una approfondita disinfezione. Ma i risultati ottenuti sono stati deludenti sul piano investigativo, come peraltro era apparso probabile fin dal ritrovamento dei poveri resti. Il corpo di Anna Stanosz era infatti in avanzato stato di decomposizione dopo aver subito per giorni l’insulto del sole e delle piogge, il caldo dell’estate e l’azione degli animali. Tutto questo aveva «nascosto» i segni esterni.
Nello scorso giugno gli agenti della squadra mobile e gli investigatori del Commissariato di Opicina per ore avevano battuto l’area in cui due giovani a passeggio col loro cane si erano imbattuti nei poveri resti alla ricerca di indizi.
Anna Stanovsz era riversa in una buca, circondata dai rovi, posta a una cinquantina di metri dalla strada che porta a Fernetti. Era a piedi nudi, senza scarpe, peraltro mai ritrovate; sotto i pantaloni e sotto la maglietta non indossava l’usuale biancheria. Accanto a lei uno zainetto con un Vangelo, un curriculum scolastico e professionale e qualche monetina, slovena peraltro fuori corso. Di morte accidentale è impossibile parlare, proprio perché il corpo è stato trovato in una buca, tra i rovi, a 50 metri dalla strada.
Una strada di grande comunicazione, un bosco che la lambisce, una vettura che si ferma e scarica la ragazza già morta. Qualcuno al buio la trascina a cinquanta metri e poi fugge.


15 luglio
Due morti misteriose: Monte Grisa e Largo Capolino
![]() |
| Massimiliano Lisini |
Ora, a più di un anno di distanza, la notizia di questa duplice morte violenta è finalmente emersa grazie alla madre di Massimiliano Lisini. La signora Mafalda Orel non si rassegna, parla di un duplice omicidio e si è fatta avanti incaricando l’avvocato Giovanni Di Lullo di occuparsi di questa vicenda dai contorni tutti da definire. Molti sono gli interrogativi e gli angoli bui, poche le certezze.
Ecco cos’è finora emerso. Massimiliano Lisini viene trovato priva di vita all’interno di una «Lancia Lybra» di colore grigio metallizzato, abbandonata in un prato posto a poche centinaia di metri di distanza dal Tempio Mariano di Monte Grisa ma del tutto invisibile dall’adiacente strada. È il 17 luglio 2007 e Dario Reggente, proprietario del terreno, vede la vettura, si avvicina al finestrino e dà l’allarme ai carabinieri. L’auto l’aveva già vista da lontano esattamente nello stesso punto del prato, due giorni prima, il 15 luglio. Aveva pensato a una coppietta che voleva nascondersi agli sguardi altrui e se ne era andato. Aveva però notato che entrambi i sedili anteriori della station wagon erano abbassati. Non aveva però visto il tubo di plastica che, passando per il bagagliaio, collegava la marmitta con l’abitacolo dell’auto, trasformandola in una camera a gas.
Su uno di quei sedili, nella tarda mattina del 17 luglio il medico legale Fulvio Costantinides fotografa il corpo in avanzato stato di decomposizione dell’insegnante di pianoforte. Estrae dal marsupio con le mani coperte dai guanti in lattice, i documenti del morto e li passa ai carabinieri. I militari poco dopo fanno forzare ai pompieri una finestra dell’abitazione in cui vive Massimiliano Lisini perché la porta d’ingresso, protetta da una sbarra, è chiusa a chiave. Gli uomini in divisa entrano in un alloggio dell’Ater posto al terzo piano dello stabile di piazzale Capolino 4, sulla strada che collega Sottolongera a Longera.
![]() |
| Andrea Dittmerova |
L’appartamento è invaso dal gas, perché i rubinetti sono stati lasciati deliberatamente aperti. L’aria è pesantissima e non solo per la presenza di gas. Nel letto matrimoniale, sotto un lenzuolo, i pompieri e i carabinieri vedono ciò che resta di Andrea Dittmerova, 22 anni. La ragazza è nuda e il caldo di luglio ha già agito, esattamente com’è accaduto all’interno della «Lancia Lybra» abbandonata nel prato di Monte Grisa. Nessun dubbio che la giovane sia stata uccisa. Vi sono tracce di sangue in cucina e nel bagno, ma qualcuno le ha rimosse frettolosamente. C’è anche un martello tutto avvolto, manico compreso, nel nastro adesivo marrone usato per gli imballaggi. È finito a Parma nel laboratorio del Raggruppamento investigazioni speciali dei carabinieri per individuare eventuali impronte digitali. La ragazza potrebbe essere stata colpita col martello, ma l’autopsia che il pm Giorgio Millilo di lì a poche ore affiderà al dottor Fulvio Costantinides, dirà che la giovane è stata soffocata. Probabilmente con un cuscino.
Nell’abitazione di largo Capolino gli investigatori dell’Arma si accorgono che la porta del frigorifero è completamente spalancata ma il «salvavita», che è scattato non si sa quando, ha interrotto la linea elettrica dell’appartamento, evitando lo scoppio della miscela di aria e metano e anche il tentativo di depistaggio. Se una scintilla si fosse sprigionata dal compressore del frigo, l’alloggio di Massimiliano Lisini, assieme a quelli adiacenti, sarebbe saltato in aria, forse nascondendo i segni dell’omicidio. La prima domanda a cui gli inquirenti cercano di dare risposta riguarda proprio Andrea Dittmerova. Perché si trovava in quell’alloggio? Cosa la legava a Massimiliano Lisini che per età avrebbe potuto essere suo padre? Quando era arrivata a Trieste e per quale motivo?


2009
22 marzo
Accoltellato in Via LorenzettiI pugni sferrati da Marino Papo alla porta dell’alloggio del fratello in cui voleva entrare, poco dopo le 5 del mattino, hanno svegliato di soprassalto tutti i residenti del piccolo condominio di via Lorenzetti 15, a due passi dal centro commerciale Torri d'Europa. «Pensavo fossero i colpi di un martello - racconta Rosalia Benci, dirimpettaia di Giorgio Papo - e dalla paura non sono nemmeno uscita a vedere cosa succedeva. Sono sconvolta all’idea che quel signore così distinto e per bene sia morto fuori dalla mia porta di casa».
Gli inquirenti, poco dopo le 9, hanno mostrato una foto di Marino Papo ai vicini di casa della vittima: «Signora, lei ha mai visto quest'uomo?». Volevano una conferma, ma nessuno, tranne la signora del terzo piano, aveva mai visto quel volto. «Io lo conoscevo perché veniva a comprare il giornale nella mia edicola di via Capodistria - racconta Antonia Rita Di Padova - ma qui, a trovare suo fratello, l'ho visto raramente».
Marino e Giorgio Papo non si vedevano di frequente. Né i residenti di via Lorenzetti né quelli di via Baiamonti 29 - dove risiede l'assassino - sapevano nemmeno dell'esistenza di un fratello. «Ultimamente il signor Giorgio era giù di morale, con l'aria un po’ triste, - spiegano da via Lorenzetti i coniugi Grassi -, ma noi pensavamo che tutto dipendesse dal fatto che sei mesi fa, dopo un piccolo incidente, gli avevano ritirato la patente». «Si vedeva che non stava bene, - aggiunge dal terzo piano la Di Padova - che c’era qualche cosa che non andava per il verso giusto. Si vedeva dall’aspetto che stava male».

La vittima viene descritta da tutti come un solitario, uno di poche parole, un abitudinario. «Con lui solo ”buongiorno” e ”buonasera” - riferisce la dirimpettaia -. Sentivo che ogni tanto usciva a fare la spesa. Era una persona tranquilla, educata, rispettosa. Non l’ho mai visto a messa». «Era uno che conduceva una vita riservata - raccontano i Giorgi - l’abbiamo incontrato venerdì mattina. Era un po’ abbattuto, non stava attraversando un periodo felice».
Lo scorso anno Papo ha perso la sua compagna. «Lei anni fa gestiva le cabine di uno stabilimento di Grado - ricorda Antonia Di Padova - e lui da quando era in pensione andava anche a darle una mano». Ascoltando i racconti dei vicini, si ha l'immagine di una coppia che si voleva bene, che fino al momento della disgrazia era vissuta in serenità. «Erano nella loro roulotte a Grado Pineta, come ogni estate - riferiscono i coniugi Grassi ripercorrendo quel periodo della vita dell’uomo - e lui portandole il caffè l'ha trovata morta: un infarto».
Papo, anche dopo la morte della compagna, ha continuato a coltivare la sua passione per il campeggio, per il mare: «Aveva in programma di tornarci tra pochi mesi, con l’arrivo della bella stagione», spiegano ancora i Grassi. I vicini raccontano che con la figlia della convivente l'uomo aveva mantenuto un ottimo rapporto. Tanto che ieri mattina c’era lei in via Lorenzetti a piangere sul suo corpo straziato a terra. E qualcuno, tra le righe, dopo aver saputo che dietro al delitto si celano forse questioni ereditarie, ipotizza che Giorgio Papo volesse lasciare a lei un pezzetto dei suoi averi.
Ieri, verso mezzogiorno, mentre l'incaricata di una ditta di pulizie faceva scivolare via la pozza di sangue nell'entrata del condominio, in via Lorenzetti tutti rimanevano barricati in casa. Silenzio lungo le scale. Fermo l’ascensore. Dietro a tutte le porte in legno scuro non si udiva nemmeno il vociare di qualche canale televisivo. Le tapparelle della casa di Papo al primo piano, abbassate. «C’è un lago di sangue sugli scalini dell'entrata, mi hanno detto di rimanere in casa - ha riferito Rosalia Benci - non ho potuto nemmeno andare a messa. Oggi è meglio starsene chiusi dentro».

2011
25 agosto
Delitto Passionale in Gretta
25 agosto
Delitto Passionale in Gretta
Ha un nome ed una storia il corpo bruciato trovato a Trieste. era un giovane di 21 anni e si chiamava Giovanni Novacco, Per il suo omicidio e’ ricercato in tutta Italia e nella vicina Slovenia, Giuseppe Console, triestino, di 23 anni.
Il movente? Passionale!
![]() |
| L' Assassino Giuseppe Console |
Giuseppe Console, sulla cui testa da qualche ora pende un mandato di cattura internazionale ha alle spalle un passato ricco di precedenti per violenza, minaccia, danneggiamento, e la ex moglie ha riferito di essere stata minacciata da lui, nei giorni scorsi, proprio a causa dell’amicizia con Giovanni.
Dopo l’omicidio, ormai a tarda notte,Console è tornato a casa, qui ha detto ai suoi genitori «sono nei guai, devo andare via, mi servono soldi», non ha raccontato tutta la storia ma ha detto di aver «combinato un casino», di aver picchiato una persona, e ha detto anche dove si trovava la sua vittima, poi ha preso soldi e vestiti, ha fatto le valigie, ed è fuggito. La madre ha chiamato la polizia. Gli agenti sono andati all’indirizzo indicato, pensavano di trovare un ragazzo ferito, invece la realtà era ben più orribile. Un delitto riconosciuto o comunque con una chiara paternità.












